Il tenore Tito Schipa
Una voce inconfondibile, velatamente malinconica e dal timbro insolito: sono queste le caratteristiche che ci vengono in mente pensando a Tito Schipa, uno dei più grandi tenori degli anni a cavallo fra le due guerre.
Raffaele Tito Schipa nacque il 27 dicembre 1888 a Lecce (anche se fu dichiarato soltanto alcuni giorni più tardi), in una famiglia italo-albanese; il soprannome Tito arrivò qualche anno dopo, quando fu evidente che la sua statura non sarebbe andata oltre e i familiari iniziarono a chiamarlo “Titu”.
Un appellativo che gli stava molto a cuore e che scelse come tratto identificativo per la sua carriera artistica.
Il suo grande talento nacque, probabilmente, insieme a lui: già durante le scuole elementari un maestro fece emergere le sue doti canore e lo incitò ad esercitarsi con maggiore frequenza.
Quando aveva circa diciotto anni, si recò a Milano dove finì gli studi; il suo debutto, invece, che lo riempì di forza ed entusiasmo, avvenne nel 1909 nella città di Vercelli, sulle note della Traviata.
L’ascesa di un talento
Fu in quell’occasione che nacque il vero Tito Schipa, l’artista, il tenore che viaggiò in tutto il mondo e che dalle strade del mondo assorbì lingue, idiomi e amori, per riversarli nel canto. La sua voce languida fece scalpore a Napoli quando cantò un’indimenticabile Tosca; da quel momento in poi il suo nome iniziò a farsi sentire sempre più forte nelle cronache artistiche.
Quando stavano per iniziare gli anni ’20 arrivò a conquistare il pubblico statunitense e a Chicago conobbe e sposò la soubrette Antoinette Michel d’Ogay, di origine francese. Dalla donna ebbe due meravigliose figlie, Elena e Liana, ma il loro amore naufragò dopo alcuni anni.
Il tenore instaurò anche un grande rapporto con il pubblico argentino. Fu in Argentina, infatti, che la sua passione per il tango raggiunse il picco massimo. Qui riuscì a conquistare un posto importante, poiché non solo cantava appassionati tanghi, ma era anche un esperto compositore e produttore di questo genere. La sua voce sembrava calzare a pennello al tango: era carica di passione, languida, nostalgica. Perciò, il suo timbro fu ufficialmente definito come un “timbro inconfondibile”, dalle fattezze leggere e caratterizzato da molte smorzature che potevano sembrare improvvisate ma che, al contrario, il tenore preparava con maestria.
L’usignolo di Lecce
Fu proprio questo suo tono soave che gli fece conquistare l’epiteto di “usignolo di Lecce”.
Tito Schipa non fu solo un cantante ma anche attore: partecipò, infatti, a molti film canori che lasciarono un’impronta significativa nei ricordi della gente.
Fu un uomo di grande stile, la sua eleganza estetica e morale si poteva cogliere, in particolare, ammirando l’espressione sognante che esprimeva durante i canti, mentre la sua voce sembrava venir fuori senza il minimo sforzo ma con tanta, viva passione.
Antagonista di Caruso
Il suo periodo negli USA fu abbastanza lungo e qui divenne l’acerrimo antagonista di Enrico Caruso, il tenore napoletano. La sua fama si estese rapidamente in tutto il mondo e, dopo il 1925, incise diversi dischi di ballabili, canzoni napoletane e di romanze da salotto.
Il 1944 lo vide trasferirsi in Italia, a Solignano, dove aveva precedentemente acquistato una villa, nella quale andò a vivere con la donna che sposò poco più tardi, Diana Prandi.
Dalla loro unione, nel 1946 nacque un figlio, Tito Jr., che in giovane età si fece notare per essere stato uno dei primi al mondo a stilare un’opera rock. Oggi, Tito Jr. oltre ad essere cantautore, lavora come regista e compositore, nutrendo con orgoglio l’eredità artistica e intellettuale lasciatagli dal padre.
Dopo una ricca carriera, lunga all’incirca mezzo secolo, sul nascere degli anni ’50 Tito Schipa prese la decisione di abbandonare le scene, e in modo graduale diradò le sue apparizioni nei teatri.
I suoi manager, tuttavia, lo trascinarono in alcuni malaffari di cui divenne vittima: a causa di ciò lasciò l’Italia e fece ritorno negli Stati Uniti, dove il pubblico lo accolse nuovamente con entusiasmo. Morì a New York per un arresto cardio-circolatorio, il 16 dicembre 1965.
La presenza di Tito Schipa a Lecce
Fu dopo la sua dipartita che tornò per sempre nella sua amata Lecce. Era il 3 gennaio 1966 quando il suo corpo arrivò nella Basilica di Santa Croce, dove ad attenderlo c’erano migliaia di persone che, negli anni, avevano amato l’artista e l’uomo che Tito Schipa era stato.
La salma venne sepolta nel cimitero della città, vicino alla Chiesa dei SS. Niccolò e Cataldo, e ancora oggi è possibile visitare la sua tomba. A lui sono state intitolate numerose vie sparse in tutto il Salento, il Conservatorio di Musica a Lecce e il cinema a Gallipoli.
E proprio tra le strade e le piazze di Lecce riecheggia la sua voce che canta “Lecce gentile e beddhra…nu paradisu ‘nterra si’ pe’ mie”: amava la sua città natale e per essa, anche mentre viveva dall’altra parte del mondo, aveva sognato grandi cose.
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