Soleto: l’alchimista, le streghe e la magia

Salento, terra che strega e affascina con i suoi mille volti, con l’odore del mare sulle coste e le storie misteriose dell’entroterra, che ancora vivono tra vicoli e mura antiche, testimoni silenziosi di riti millenari e leggende.

Soleto è il centro più antico del Salento, le sue origini messapiche lo hanno reso famoso grazie al  ritrovamento della mappa salentina più antica, incisa su un vaso di terracotta nel 500 a.C.

 

Soleto e la magia

 

Soleto, da sempre avvolto da nebbie di mistero e superstizione, fin da epoche antiche fu considerato il luogo della magia, legata ai riti delle macare (streghe), al malocchio, al concetto di fortuna , (in un’epigrafe incisa sulla finestra di una corte si legge: FORTUNA QUOD VULT ), ai codici magico-religiosi (nelle iscrizioni greche della Chiesa di S. Stefano c’è  quello magico per la benedizione delle acque del Nilo), all ’esistenza del malefico (esistono maschere per allontanare le negatività) ed alla presenza del diavolo (nel giudizio universale della Chiesa di S. Stefano c’è l’altorilievo del demonio). Il paese è noto anche per la presunta capacità dei suoi abitanti, soprattutto quelli di una certa età, di saper scacciare il malocchio.

 

Le streghe

 

La leggenda dice che un certo numero di macare, all’ alba di ogni primo di maggio, amava riunirsi a Soleto dove entravano, ballando, vestite in maniera eccentrica. Le macare conoscevano i segreti delle erbe e della luna, sapevano guarire e la gente si rivolgeva a loro per le fatture; oltre a leggere la mano e prevedere il futuro, sapevano anche volare e trasformarsi in animali.

 

Matteo Tafuri, l’alchimista

 

La storia di Soleto è indissolubilmente legata alla figura del suo cittadino Matteo Tafuri, scienziato, alchimista, letterato, medico, poeta, astronomo, matematico e astrologo. Il suo personaggio è ancora avvolto dalla leggenda . Tafuri ebbe una vita intensa e movimentata a tal punto che rischiò di essere bruciato sul rogo perché sospettato di stregoneria. In pieno Rinascimento le pratiche magiche aprirono la strada alla figura dell’alchimista, studioso di teorie e tecniche, pratiche, filosofiche ed esoteriche, volte a trasmutare i metalli in oro, alla ricerca dell’elisir di lunga vita. Matteo Tafuri,   personalità eclettica ed affascinante intellettuale dei suoi tempi, fu anche un alchimista.

 

Nacque a Soleto nell’ anno della scoperta dell’America e dopo aver trascorso la vita in giro per il mondo tornò nel suo paese natale dove morì quasi cento anni dopo. Nei suoi anni trascorsi a Napoli si interessò di Astrologia dalla quale apprese di possedere un istinto innato per la divinazione, a causa del quale fu imprigionato in Irlanda, accusato di stregoneria. Andò anche a Venezia, in Polonia, Germania, in Francia dove si laureò all’università della Sorbona in Medicina e Filosofia, e poi in Spagna, Africa Settentrionale, Persia ed Asia. Dopo essersi laureato alla Sorbona fu frequentatore assiduo della corte parigina dove entrò in contatto con le correnti ermetico esoteriche dell’epoca mettendo subito in evidenza le sue capacità magiche e divinatorie. Un personaggio eclettico e ambiguo, temuto ma rispettato per le sue conoscenze anche dagli “scienziati dell’epoca”.

 

Il mago

 

Eppure a Soleto era un incompreso, qui si colse solo l’aspetto negativo della popolarità del proprio concittadino. Infatti Tafuri non era visto come lo scienziato di cui l’Europa parlava, ma come un pericoloso mago capace dei più oscuri incantesimi. Nel suo paese natio si dedicò all’insegnamento di greco, latino, matematica, fisica e all’ esercizio della professione medica, ma sembra avesse anche un cenacolo di allievi filosofi seguaci del platonismo esoterico. In un periodo fervente come il pieno rinascimento la figura di Tafuri fu accostata a quella di Nostradamus. Esercitò con successo la professione medica ma fu dai popolani considerato “Mago” in quanto cultore di scienze inusuali quali l’Astronomia e l’Astrologia. La sua fama divenne ambigua. Tafuri era onorato e temuto per le sue capacità divinatorie e in molti gli attribuirono poteri occulti e pericolosi contatti con il demonio. Matteo fu costretto a difendersi dall’ accusa di stregoneria anche in patria, arrestato più volte ma sempre rilasciato. Sulla sua piccola casa a Soleto si legge ancora : Humile so et humiltà me basta, dragon diventaro se alcun me tasta.

Secondo alcuni con questa iscrizione Matteo Tafuri sottolineava la sua natura tranquilla, che a causa di ingiurie e maldicenze del paese poteva trasformarsi, ironicamente, in un dragone. Secondo altri invece l’iscrizione è una vera e propria minaccia, un avvertimento a lasciarlo fare in pace.

 

La leggenda della guglia di Soleto

 

Entrando nella Chiesa Matrice di Soleto, nella navata sinistra i più curiosi potranno osservare un dipinto del 1580 ove Matteo Tafuri ha in testa il rosso copricapo della Sorbona.

Secondo la leggenda, questo “mago” lasciò nel paese la sua firma indelebile con la realizzazione della Guglia della chiesa madre di Soleto su ordinazione del conte Orsini del Balzo. La costruzione della Guglia è avvolta dalla leggenda.

Si narra che Matteo Tafuri decise di costruire il monumento in una notte di tempesta, evocando dal regno delle tenebre un esercito di spiriti infernali, streghe e demoni. Ordinò alle potenze delle tenebre di erigerla in un’unica notte e il risultato avrebbe dovuto essere così bello da stupire il mondo intero. La leggenda vuole che al lume delle torce streghe e demoni lavorarono per ore senza riposo, emettendo richiami rauchi e tenebrosi, urla, sghignazzate, fischi e strepiti. Poi prima che sorgesse il sole tutto cessò. Diavoli e streghe scomparvero immediatamente ma alcuni demonietti, che si trovavano ancora sulla cima del campanile, furono sorpresi dalla luce del sole e furono trasformati in pietra, rimanendo prigionieri lì per sempre. Alzando lo sguardo si possono notare alcune strane e lugubri sculture, molto simili ai gargoyles di Notredame.

 

La storia 

 

La storia raccolta altro, dice che Matteo Tafuri non potè costruire la Guglia, essendo nato un secolo dopo, ma il Salento è una terra dove sacro e profano si mescolano e si confondono.

La spettacolarità della guglia, esempio di campanile gotico e monumento nazionale di seconda categoria, le centinaia di figure umane e bestiali scolpite nella pietra leccese, hanno stuzzicato da sempre la fantasia del popolo salentino, che ancora oggi ricorda come la terra di Soleto sia sempre stata terra di màcari e di magie.

 

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