Santa Caterina, il cigno e la Grotta di Capelvenere

Santa Caterina

 

Santa Caterina è una delle caratteristiche marine di Nardò che si confermano anno dopo anno tra le più frequentate località balneari dello Ionio. Compresa tra Santa Maria al Bagno e Porto Selvaggio, con le sue acque incontaminate e il suo porticciolo, è sempre stata musa di poeti e artisti di ogni genere. Nonostante sia abitualmente frequentata anche durante la stagione invernale, Santa Caterina è soprattutto il luogo ideale per chi ama trascorrere le vacanze estive all’insegna del relax ma anche del divertimento; le serate della stagione più calda, infatti, sono animate da ogni tipo di intrattenimento grazie ai diversi ristoranti e pub che animano il paese, senza contare le discoteche che si possono trovare nei dintorni e i punti di svago dedicati ai più piccoli.

 

Il valore naturalistico di Santa Caterina

 

Santa Caterina, però, oltre ad essere meta per i turisti e luogo di ritrovo per i giovani, ha anche un notevole valore dal punto di vista naturalistico, grazie alla pineta pulita dove d’estate si consumano i pic-nic allietati dal cinguettio degli uccelli, alle misteriose grotte che si aprono a ridosso del lungomare e grazie anche ai colori della distesa marina che cambia continuamente tonalità attraverso giochi di luce e profondità.

 

Il cigno che ritorna ogni inverno

 

Proprio durante l’inverno, tra le barche colorate torna a fare capolino lui, il solito cigno. Vestito di candide piume bianche e con un raffinato becco giallo e nero, ogni anno si ripresenta nelle acque limpide di Santa Caterina, come un turista innamorato che torna a visitare la sua meta preferita.

Longevo fino a trent’anni, il cigno risulta essere un animale insolito per il Salento, ed è per questo che il suo ritorno annuale diventa sempre una curiosa fonte d’attrazione per la gente del luogo. I veterani del posto raccontano che, fino a pochi anni fa, fossero in due;  poi, forse dopo aver perso il suo fedele compagno d’avventura, il cigno ha continuato in solitudine a far visita alle acque e alle genti dello Ionio. La sua migrazione lo spinge ogni inverno fino alle marine di Nardò, ma è a Santa Caterina, in particolare, che si ferma alcuni giorni a soggiornare, per poi ripartire in silenzio con l’eleganza e il garbo che lo caratterizzano.

In tanti si chiedono cosa lo porti a tornare ogni anno nello stesso posto: forse è l’acqua cristallina, o il clima mite, forse il paesaggio suggestivo creato ogni sera dal tramonto, o semplicemente perché è un luogo che gli parla di quiete, dove può permettersi di nuotare libero e indisturbato. Accarezza il filo dell’acqua e di tanto in tanto, affamato e veloce, becca un pesce, o raccoglie le briciole che qualcuno sparge per lui, mentre un venticello leggero tocca il suo piumaggio fine.

E Santa Caterina lo accoglie ogni inverno come un ospite gradito e tanto atteso, riscoprendolo ogni volta con lo stesso stupore di sempre, come un bambino che sa di dover ricevere le caramelle.

 

La Grotta di Capelvenere

 

Poco lontano dalla movida e vicino alle acque cristalline, però, proprio ai piedi della Torre dell’Alto, c’è un punto preciso in cui tutto sembrerebbe essere rimasto fermo, un luogo in cui la natura ha deciso di raccontarci le vicissitudini degli uomini di un tempo ormai remoto, del Paleolitico per l’esattezza: è la Grotta di Capelvenere.

 

 

Grotta di CapelvenereIl nome della grotta

Questa piccola ma preziosa cavità prende la sua particolare denominazione dall’omonima pianta di felce che cresce in abbondanza proprio davanti al suo ingresso, adornandolo con la sua curiosa conformazione che ricorda i fluenti capelli femminili.

Fino a pochi anni fa, la Grotta di Capelvenere ospitava un caratteristico e molto apprezzato presepe vivente, ma in realtà l’interesse per tale luogo era già fiorito negli anni ’70, quando iniziarono i primi studi.

L’interno della grotta non ha una superficie molto grande, ma è abbastanza ampia da presentare, oltre al fiabesco ingresso, anche una spaziosa e unica camera.

(foto tratta da https://mapio.net)

 

La casa degli uomini del Paleolitico

Le più recenti ricerche hanno portato alla luce numerosi reperti archeologici in pietra, i quali testimoniano che già l’uomo del Paleolitico viveva in zona e cercava riparo nella Grotta di Capelvenere, perché, con ogni probabilità, all’esterno di essa vi erano numerosi animali potenzialmente pericolosi, come cinghiali e iene. Sembrerebbe, inoltre, che la grotta sia rimasta inutilizzata per un periodo lungo circa 40.000 anni, probabilmente a causa di una frana che ne aveva ostacolato l’utilizzo. Gli uomini primitivi che abitavano la Grotta di Capelvenere erano uomini semplici e selvaggi ma dotati di grandi capacità: si tuffavano nelle profonde acque dello Ionio, pescavano, cacciavano animali di grossa taglia , lavoravano la pietra per ricavarne armi e utilizzavano , addirittura, le conchiglie più grandi come utensili da taglio.

A conferma del passaggio dell’uomo di Neanderthal, è stato ritrovato, durante gli scavi archeologici, anche un dente umano dell’arcata superiore. Altre tracce e testimonianze hanno dimostrato, inoltre, che la meravigliosa grotta salentina è stata utilizzata dall’uomo non per un ristretto periodo di tempo ma per moltissimi secoli, quindi non solo dai neandertaliani ma anche dai messapi e dai greci.

Nei pressi della Grotta di Capelvenere si possono ammirare diverse cavità naturali in cui sono stati rinvenuti reperti archeologici di notevole importanza, tra queste ricordiamo la Grotta del Cavallo e la Grotta di Uluzzo.

La costa ionica con le sue bellezze naturalistiche è in grado di appassionare i numerosi turisti che si apprestano a visitare la zona, qui dove le grandi pinete offrono riparo nelle ore di calura e il mare si rivela amico dell’uomo e della storia.

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