Il tarantismo
Il fenomeno delle tarantate ebbe inizio più di mille anni fa e si protrasse nel Salento all’ incirca fino al 1960, quando furono praticati gli ultimi esorcismi a Galatina, nella Cappella di San Paolo. Oggigiorno le tarantate non esistono più, tuttavia permane la tradizione di recarsi in pellegrinaggio a Galatina nella giornata del 29 Giugno, in occasione della festa dedicata ai Santi Patroni Pietro e Paolo.
Originariamente diffuso in tutta la Puglia, tale fenomeno, definito “tarantismo”, andò via via diradandosi fino a raggiungere una maggiore concentrazione nell’ area salentina. La taranta, infatti, era ed è un ragno tipico di tutta la regione Puglia (e in particolare della zona di Taranto, da cui avrebbe preso la denominazione tutt’ ora in uso), ma è nel Salento che ha trovato terra fertile per divenire, oggi, storia e tradizione, perché le tarantate sono lo specchio di una società e di un’epoca ormai superate.
La danza liberatoria
In tempi passati, infatti, e in particolare nella prima metà del 1900, la donna aveva una limitata libertà di scelta, conduceva una vita prettamente concentrata sulla famiglia e sul duro lavoro nei campi, e spesso si vedeva costretta a seguire rigide regole di stampo patriarcale. E proprio nei campi in cui lavorava, particolarmente nelle distese di grano pronto a imbiondire con l’arrivo del caldo estivo, si nascondeva la taranta. Il suo morso velenoso provocava non proprio una malattia, quanto piuttosto dei sintomi paragonabili all’ epilessia, che uniti alla tacita voglia di ribellione della sfortunata di turno, convogliavano verso la ricerca spasmodica uno sfogo. Solo la stanchezza estrema e il sudore potevano liberare la donna dal veleno iniettato dal ragno, e a questo scopo essa era sottoposta a una “terapia musicale” a ritmo di tamburelli per suscitare una danza frenetica e liberatoria che la facesse uscire dallo stato di trance in cui era caduta. La tarantata era riconosciuta come tale dai propri familiari, i quali, al primo accenno di irrequietezza, si apprestavano a chiamare i suonatori. Questi ultimi intonavano diverse melodie finché non riuscivano a identificare quella giusta con cui aveva inizio una danza sfrenata: proprio quella che infastidiva il ragno.
San Paolo e le tarantate
Il ballo della taranta era piuttosto singolare e a tratti inquietante: la donna pizzicata, distesa su un lenzuolo bianco e in stato d’incoscienza, assumeva le sembianze di un ragno arcuando braccia e gambe a ponte, sbatteva energicamente la testa mentre emetteva forti urla e poi, in piedi, scalpitava forte sul pavimento mimando di uccidere il ragno, fino a quando non perdeva le forze e cadeva per terra svenuta. Questo fenomeno si verificava solo con le donne contadine ( con estrema rarità, infatti, i malcapitati erano uomini o persone di alto rango), le cui famiglie si indebitavano per pagare i suonatori che avrebbero provato a liberare la tarantata dal veleno e dal suo personale male di vivere. Questo rito di liberazione era dispendioso perché si doveva protrarre fino a notte fonda e ripetersi per tre giorni consecutivi, al fine di ottenere la grazia da San Paolo. Se il rito non era stato sufficiente, la donna pizzicata veniva portata a Galatina nella Cappella dedicata al santo , dove il rito musicale continuava e successivamente, si praticava un vero e proprio esorcismo.
La cappella di San Paolo a Galatina
La Cappella di San Paolo porta con sé una storia antica, a cavallo tra la fede e la leggenda. Si racconta, infatti, che per diffondere la parola di Dio, i discepoli Pietro e Paolo partirono da Roma e arrivarono nel luogo in cui, tempo dopo, sarebbe sorta l’attuale Galatina, e una donna del posto li accolse con un calore tale da offrir loro un giaciglio dove riposare e del buon cibo. San Paolo ne rimane commosso e benedisse la donna e i suoi familiari, concedendole il grande potere di guarire le persone morse dagli animali velenosi. Per facilitare la donna nel suo compito, il santo consacrò l’acqua del pozzo presente nel cortile della sua abitazione, acqua che gli avvelenati avrebbero dovuto bere per espellere il veleno e il male interiore. Solo in seguito, con l’avanzare della tradizione, fu costruita la rinomata cappella intorno al pozzo, intitolandola a San Paolo.
Galatina: fulcro di una tradizione millenaria
Il mito delle tarantate è divenuto tradizione viva per le generazioni odierne, che lo vivono e lo interpretano. Da lì, ad esempio, è nato il Festival della Notte della Taranta: un festival che non si ferma a Galatina, ma rallegra tutto il Salento, animato da canti e balli in evocazione di usi e costumi ormai svaniti.
Ma Galatina si conferma, anno dopo anno, il fulcro della tradizione delle tarantate. E’ qui che, puntualmente, ogni 29 Giugno si interpretano i riti di liberazione con le ronde di tamburellisti che suonano fino al nuovo giorno.
Una tradizione ineguagliabile che dà voce, decenni dopo, allo sfogo di speranze scivolate via come sabbia in un pugno, ad amori disillusi, e all’ istinto di fuggire lontano dalle oppressioni, ballando e cantando fino a notte fonda.
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