Rina Durante: la penna del Salento

Il folklore e la tradizione popolare salentina meritano di avere un destino, di essere un lascito per i posteri, come un albero dalle profonde radici che nei secoli sembra immobile, eppure è vivo.

 

Rina Durante: scrittrice salentina

E’ il pensiero di Rina Durante, una nota scrittrice salentina, morta nel 2004, che ha speso l’intera vita per dare onore, attraverso le sue opere, alla vita contadina e all’anima più pura del Salento.
Caterina Durante nasce il 29 ottobre 1928 a Melendugno, ma trascorre i primi anni di vita in Albania, seguendo il padre che lavora per la Marina Militare, per poi ritornare in Italia a ridosso della seconda guerra mondiale. Quel giorno di ottobre non viene soltanto alla luce una bambina, ma nasce un talento, una personalità destinata a emergere e lasciare traccia di sé nella sua patria e altrove.
Durante l’università, Rina pubblica la sua prima opera, una raccolta di poesie dal titolo “Il tempo non trascorre invano”.
L’opera è molto apprezzata dal pubblico e l’autrice, già in giovane età, inizia a confrontarsi con grandi letterati pugliesi, come Oreste Macrì e Vittorio Bodini.

 

Il ritorno dall’ Albania

Gli anni che da bambina trascorre in Albania, il tempo della sua spensieratezza, le donano in eredità la capacità di vedere oltre, di guardare la realtà da un punto di vista diverso, esterno.
Questo le permette, una volta tornata in Italia, di apprezzare e disprezzare le varie sfaccettature del Salento, di una terra che, soprattutto a quei tempi, è troppo poco disposta al cambiamento e che appare, quindi, stantia ai suoi occhi giovani.
Rina Durante sente nel suo cuore una profonda vocazione per la narrativa.
Nonostante l’esordio da poetessa, infatti, sente che il suo mestiere non può essere altro che quello della narratrice. Il teatro s’interseca bene con la passione per la scrittura: lei stessa è teatrale, si diverte a recitare per gli amici, inventa all’istante battute dall’ironia sottile e in un linguaggio appropriato.
Insegnante alle scuole superiori prima a Roma poi nella sua amata Lecce, l’autrice collabora con la Rai e con diverse riviste di alto spessore culturale, con lo sguardo sempre fisso al teatro, per il quale scrive, tra le altre, l’intensa “Ballata salentina”.
Un’ampia fetta del suo lavoro la riserva, con totale e assoluta dedizione, a scavare nei meandri della popolazione salentina, a raccontare una faccia poco conosciuta del Salento, quella delle classi subalterne, la cui storia non ritiene sia ancora stata adeguatamente approfondita.
Per la scrittrice, l’opera massima è il romanzo, perché le permette di dimostrare il suo istinto per la narrazione.

 

La Malapianta

E proprio con il suo primo e unico romanzo, “La Malapianta”, infatti, raggiunge il culmine del successo: quest’opera, oltre a diventare emblema della grande personalità della Durante, le fa conquistare il Premio Del Salento, un importante riconoscimento voluto da grandi letterati di fama nazionale.
Il suo romanzo, ancora oggi molto apprezzato, è un tipico esempio di opera neorealista, dove l’autrice analizza e presenta gli aspetti più pesanti della realtà meridionale negli anni bui della guerra.
Le problematiche sono profonde e sono costituite dagli spigoli dei tempi, dalla fame del sud e dalla fatica delle classi povere. Tuttavia, la Durante punta i riflettori principalmente su un’altra questione: un male comune che intossica i personaggi del romanzo, la malapianta.

La malapianta è un malessere profondamente radicato nell’anima, sopito e non afferrabile che crea un intenso disagio interiore; è un male fatto di solitudine e alienazione dalla vita, di incapacità di comunicare non solo con i propri simili, ma soprattutto con sé stessi.

Ambientato nel Salento, e in particolare tra Melendugno, Cannole e Calimera, il romanzo racconta le vicissitudini della famiglia Ardito, tra la fine degli anni ’30 e la caduta del fascismo. La malapianta, silenziosa e indifferente, inizia a stendere le sue radici quando il protagonista, un contadino di Melendugno di nome Teta Ardito, rimasto vedovo con sei figli da accudire, va a Cannole per chiedere a Rosa di sposarlo.
La donna, vedova, con tre figli, accetta e vanno tutti a vivere con lui e la sua famiglia. Da quel momento, attraverso i dialoghi e le scene quotidiane di una comune famiglia della classe povera, emergono elementi come la fame, la violenza, la miseria e la morte.

Nonostante il romanzo sia destinato a diventare un intramontabile capolavoro, Rina Durante non si ferma a La Malapianta, ma scrive diverse opere e oltre allo sconfinato amore per la scrittura, sente ancora un’instancabile passione per il Salento. Decide, quindi, di condurre un complicato lavoro di recupero della cultura popolare salentina.

 

Nell’anima della vita salentina

Spende il suo impegno a riprendere gli studi di Ernesto De Martino (storico delle religioni e del fenomeno del tarantismo), scavando senza sosta nell’anima della terra salentina, attraverso l’analisi degli stornelli e le musiche contadine, visti come un tentativo, da parte della classe povera, di fuggire dal malcontento della vita.
Così, nel 1975, la Durante fonda il Canzoniere Grecanico Salentino, il primo gruppo di musica popolare nato in Puglia. Ancora oggi, il gruppo racconta la tradizione e combatte la taranta in un instancabile viaggio fatto di griko, tamburelli, pizzica e allegria.
Il costante impegno di Rina Durante non è stato vano; infatti, oggi, il fenomeno del tarantismo e la tradizione popolare salentina conquistano sempre di più il pubblico internazionale, continuando a scalpitare nei suoi libri dove, tra una lettura e una ballata, anche lei ancora vive.

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