Il canale del Cirlicì a Parabita

canale del Cirlicì a Parabita

A pochi chilometri da Gallipoli, il comune di Parabita si estende sulle propaggini e ai piedi della collina di Sant’Eleuterio, il punto più alto del Salento che vanta un’altezza di circa 200 m s.l.m.
Qui, nel silenzio immobile della natura, si può ammirare il Golfo di Gallipoli e, nei giorni più limpidi, perfino i monti del Pollino. Sulla collina sono ancora presenti alcune piccole grotte e i resti di quella che era stata, molto probabilmente, la cripta dedicata a Sant’Eleuterio.

 

collina di Sant’Eleuterio
Collina di Sant’Eleuterio

Poco distante dal centro abitato, tra la vegetazione spontanea e i vecchi muretti, si trova il Canale del Cirlicì, un canale scavato da un antico torrente  in cui defluivano le acque piovane dalla serra di Sant’Eleuterio fino alle campagne situate più in basso, andando via via disperdendosi.
Il Canale del Cirlicì funge da ingresso al Parco Archeologico di Parabita che si estende verso l’estremità della collina e che comprende, anche, la Grotta delle Veneri( dove erano state rinvenute due statuette paleolitiche dalle fattezze femminili).
Il canale prende il nome, appunto, dal torrente che in tempi antichi attraversava questa parte di territorio e passava davanti a una grotta, differente da quella delle Veneri, in cui viveva l’uomo preistorico.

 

I monaci Basiliani : l’arte sacra e gli ulivi

 

In questa stessa grotta, molto tempo più avanti, vissero i monaci basiliani, i quali ne affrescarono le pareti con immagini sacre e, in particolare, con quella del Signore. La parola “Cirlicì”, infatti, sarebbe una storpiatura locale del termine greco “kyriakos” che significa,  appunto, “devoto al Signore“.
I muri del canale avevano, e hanno tutt’oggi, una base preistorica. Ma i monaci basiliani, con il loro intervento e la loro maestria, li resero più alti, unendo poco alla volta, alla base già esistente, delle pietre raccolte nelle campagne. In questo modo, tra l’VIII e il X secolo d. C, i religiosi ebbero l’abilità di dare nuova vita a questo territorio, chiudendo le zone interessate con dei muretti e piantando, in questi terrazzamenti, alberi di ogni specie, in particolare d’ulivo.
Essi, infatti, furono dei veri e propri promotori dell’ulivo e introdussero nel Salento le varietà “cellina” (in particolare nei dintorni di Nardò) e “ogliarola”, spargendo scintille di verde e d’argento su tutti i terrazzamenti che man mano costruivano, non solo nei pressi del Canale del Cirlicì, ma in tutto il territorio della penisola salentina, dove si erano ben stanziati.

 

L’uomo paleolitico e il canale del Cirlicì

 

Il canale s’inserisce in un contesto culturale perlopiù conosciuto, grazie al ritrovamento delle Veneri, ma che rappresenta un incessante obiettivo di ricerca per l’Università del Salento e per altri atenei italiani.
Sulla parte più alta della collina, infatti, dove l’uomo visse nella Grotta delle Veneri circa 80.000 anni fa, gli studiosi hanno dato il via a nuove ricerche e nuovi scavi, per capire esattamente che tipo di vita conducessero gli uomini del Paleolitico.
L’interesse per la grotta e per l’area circostante non si ferma, poiché essa rappresenta una tappa di estrema importanza per la storia di tutto il Salento, che fino al ritrovamento delle Veneri era poco conosciuta.

Il Canale del Cirlicì, il Parco Archeologico e la Grotta delle Veneri sono visitabili attraverso delle escursioni, ma anche sfruttando la tecnologia: tramite alcune app, infatti, è possibile effettuare un tour virtuale dei luoghi, vedere video e apprendere molti aneddoti e curiosità sulla vita del Paleolitico e sulla vegetazione spontanea locale.
Il Canale del Cirlicì, immerso in un’atmosfera antica, permette di assaporare l’autentica bellezza della storia, una storia che appartiene all’intero Salento e che merita, sempre di più, grandi approfondimenti.

 

Immagine in apertura da Spitte Salentine

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